La Corte di Cassazione ha nei mesi scorsi radicalmente cambiato la giurisprudenza sul tema degli assegni di mantenimentoriconosciuti agli ex coniugi dopo il divorzio, indicando che il criterio più importante per stabilirne la necessità e l’eventuale misura non sarà più il mantenimento dello stile di vita matrimoniale, ma la capacità dell’ex coniuge che fa richiesta dell’assegno di potersi mantenere autonomamente.
La Corte di Cassazione è arrivata a questa conclusione dovendo decidere sul ricorso di una donna contro la decisione della Corte di Appello di Milano che le aveva negato l’assegno di mantenimento, stabilendo che mancasse della documentazione sulla situazione dei suoi redditi e che invece quelli dell’ex marito avessero subìto una contrazione dopo il divorzio. La Cassazione ha dato ragione alla Corte d’Appello, spiegando nelle motivazioni della decisione che bisogna «superare la concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come ‘sistemazione definitiva’» perché è «ormai generalmente condiviso nel costume sociale il significato del matrimonio come atto di libertà e di autoresponsabilità, nonché come luogo degli affetti e di effettiva comunione di vita, in quanto tale dissolubile».
La Cassazione, quindi, ha stabilito che «non sia configurabile un interesse giuridicamente rilevante o protetto dell’ex coniuge a conservare il tenore di vita matrimoniale», descrivendo questo orientamento giurisprudenziale come ormai superato a livello storico e culturale, e aggiungendo che «il rapporto matrimoniale si estingue non solo sul piano personale ma anche economico-patrimoniale, sicché ogni riferimento a tale rapporto finisce illegittimamente con il ripristinarlo, sia pure limitatamente alla dimensione economica del tenore di vita matrimoniale, in una indebita prospettiva di ultrattività del vincolo matrimoniale». La sentenza stabilisce quindi che l’assegno di mantenimento debba essere stabilito in base ad altri criteri, riconducibili a quello generale dell’autosufficienza dell’ex coniuge che ne fa richiesta, a cui spetterà l’onere di dimostrare di averne realmente bisogno: «Se è accertato che (il richiedente) è economicamente indipendente o effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto tale diritto».
La sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito anche quattro parametri per stabilire se il richiedente abbia diritto all’assegno di mantenimento: il possesso di un reddito, il possesso di patrimoni mobiliari e immobiliari, la capacità di lavorare (in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro indipendente o autonomo) e la disponibilità di un’abitazione. Spetterà quindi a chi chiede l’assegno dimostrare di non avere redditi sufficienti per il proprio mantenimento e «allegare specificamente (e provare in caso di contestazione) le concrete iniziative assunte per il raggiungimento dell’indipendenza economica, secondo le proprie attitudini e le eventuali esperienze lavorative».
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