Corte costituzionale Sentenza 22 giugno 2021, n. 128

Corte costituzionale
Sentenza 22 giugno 2021, n. 128
Presidente: Coraggio – Redattore: Amoroso

[…] nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), introdotto dall’Allegato alla legge di conversione 24 aprile 2020, n. 27 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Proroga dei termini per l’adozione dei decreti legislativi), come modificato dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176, e come prorogato, nel termine d’efficacia, dall’art. 13, comma 14, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, recante «Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dall’Unione europea», convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2021, n. 21, promossi dal Giudice dell’esecuzione del Tribunale ordinario di Barcellona Pozzo di Gotto con ordinanza del 13 gennaio 2021 e dal Giudice delle esecuzioni immobiliari presso il Tribunale ordinario di Rovigo con ordinanza del 18 gennaio 2021, iscritte, rispettivamente, ai numeri 40 e 51 del registro ordinanze 2021 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 14 e 17, prima serie speciale, dell’anno 2021.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri, nonché quello di C. L.;

udito nella camera di consiglio del 9 giugno 2021 il Giudice relatore Giovanni Amoroso;

deliberato nella camera di consiglio del 9 giugno 2021.

RITENUTO IN FATTO

1.- Con ordinanza del 13 gennaio 2021 (reg. ord. n. 40 del 2021), il Giudice dell’esecuzione immobiliare presso il Tribunale ordinario di Barcellona Pozzo di Gotto ha sollevato – in riferimento agli artt. 3, secondo comma, 24, primo comma, 47, secondo comma, 111 secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione – quest’ultimo in relazione agli artt. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, firmato a Parigi il 20 marzo 1952 – questioni di legittimità costituzionale dell’art. 54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), introdotto dall’Allegato alla legge di conversione 24 aprile 2020, n. 27 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Proroga dei termini per l’adozione di decreti legislativi), modificato e prorogato nel termine d’efficacia al 31 dicembre 2020 dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19), convertito, con modificazioni, in legge 18 dicembre 2020, n. 176, e ulteriormente prorogato nel termine d’efficacia al 30 giugno 2021 dall’art. 13, comma 14, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, recante «Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dall’Unione europea», convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2021, n. 21.

Il giudice rimettente riferisce, in punto di fatto e di rilevanza, che, in data 4 gennaio 2021, scaduta la delega alle operazioni di vendita conferita all’udienza del 2 maggio 2016 (in una procedura incardinata nell’anno 2014, in forza di una sentenza di condanna del 2012), il professionista delegato, nel chiederne il rinnovo, aveva rappresentato che il bene pignorato costituiva l’abitazione principale della debitrice esecutata.

Pertanto, a seguito della proroga dell’efficacia, ad opera dell’art. 13, comma 14, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, sino al 30 giugno 2021, dell’art. 54-ter del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, che sospende in tutto il territorio nazionale «ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all’articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore», il rinnovo della delega non avrebbe potuto essere disposto prima di tale data, trattandosi di un atto esecutivo finalizzato alla liquidazione del bene.

Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo premette che la sospensione delle procedure esecutive immobiliari prevista dal predetto art. 54-ter si correla alla mera destinazione del bene pignorato ad abitazione principale del debitore, circostanza neutra rispetto alla capacità reddituale dello stesso e dubita, di qui, innanzi tutto, della compatibilità della norma censurata con l’art. 24, primo comma, Cost., poiché il diritto del creditore di soddisfarsi in sede esecutiva è parte essenziale della tutela giurisdizionale e la sospensione non potrebbe essere giustificata dall’esigenza di tutelare altri beni di rango costituzionale, come il risparmio e la salute individuale o collettiva.

Il giudice a quo assume, inoltre, che la disposizione censurata potrebbe porsi in contrasto con gli artt. 3, secondo comma, e 47, secondo comma, Cost., in quanto, con la stessa, il legislatore non avrebbe ponderato adeguatamente né i contrapposti interessi dei creditori (anche di quelli «occasionali» e non solo di quelli «istituzionali») e dei debitori esecutati, né l’incidenza negativa che una progressiva stabilizzazione della misura di sospensione di cui all’art. 54-ter del d.l. n. 18 del 2020, come convertito e prorogato sino alla data del 30 giugno 2021, potrebbe avere sulla collettività, per l’idoneità a determinare un sensibile aumento dei tassi di interesse sui mutui a causa dell’incertezza dei creditori «istituzionali» sulle possibilità di recupero coattivo delle somme erogate.

Il Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto dubita, altresì, della legittimità costituzionale delle previsioni censurate con l’art. 111, secondo comma, Cost. e, in particolare, con il principio della ragionevole durata del processo, atteso che la sospensione in esame comporta un arresto della procedura esecutiva per un periodo di tempo significativo, senza essere giustificata né dall’esigenza di consentire al debitore di ripianare la propria posizione né dalla crisi economica determinata dall’emergenza sanitaria, non essendo consentito all’autorità giudiziaria alcun vaglio circa la relativa incidenza sulla situazione dell’esecutato.

Il giudice rimettente assume, infine, che l’art. 54-ter del d.l. n. 18 del 2020, come convertito e prorogato, potrebbe confliggere anche con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6, paragrafo 1, CEDU e all’art. 1, primo comma, Prot. addiz. CEDU.

La norma censurata, specie a seguito delle proroghe via via disposte, innanzitutto inciderebbe negativamente sulla ragionevole durata del processo, garanzia estesa da tempo dalla giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo anche alle procedure esecutive. Il protrarsi della sospensione potrebbe inoltre implicare l’incompatibilità della predetta disposizione con l’art. 1, primo comma, Prot. addiz. CEDU, poiché, in conformità alla giurisprudenza convenzionale, i beni che rientrano nella relativa tutela comprendono qualsiasi entità materiale o immateriale economicamente valutabile, inclusi i diritti di credito derivanti da una decisione giudiziaria.

1.1.- Con atto depositato in data 26 aprile 2021, è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso. Secondo la prospettazione della difesa statale, il giudice rimettente muove da un’erronea individuazione della ratio legis della disposizione censurata, la quale non deve rinvenirsi in quella, indistintamente assistenzialistica, di tutela del patrimonio del debitore in un periodo di crisi economica, bensì nella necessità ed urgenza di fronteggiare le esigenze ingenerate dall’emergenza pandemica da COVID-19 e, dunque, nella garanzia del diritto all’abitazione dell’esecutato, «considerando da un lato che l’abitazione è di sicuro un bene primario in generale, e lo è in modo particolare durante la pandemia in corso, e dall’altro che il debitore esecutato è comunque la parte debole del processo esecutivo». La norma censurata, anche nelle proroghe successivamente disposte dal legislatore, costituirebbe una misura temporanea ed eccezionale volta alla tutela del diritto all’abitazione, legittima alla luce della giurisprudenza costituzionale in materia (sono citate le sentenze n. 310 del 2003, n. 62 del 2004 e n. 155 del 2004).

Sottolinea inoltre l’Avvocatura dello Stato che la tutela del diritto di abitazione dell’esecutato non è del tutto soddisfatta dalla concomitante vigenza dell’art. 103, comma 6, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, nella formulazione attuale (risultante dalle modifiche apportate dall'[art.] 13, comma 3, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, che ne ha anche prorogato la durata sino alla data del 30 giugno 2021), e ciò in quanto le due norme non hanno un ambito di applicazione sovrapponibile. In sostanza, se il predetto art. 103, comma 6, del d.l. n. 18 del 2020, come prorogato e modificato, tutela anch’esso il diritto di abitazione del debitore, il titolo la cui esecuzione è sospesa in virtù di tale norma è solo il decreto di trasferimento, sicché non sono comprese nella relativa tutela le ipotesi nelle quali, nel corso della procedura di espropriazione immobiliare, è disposta la liberazione anticipata dell’immobile costituente l’abitazione del debitore ai sensi dell’art. 560, ottavo comma, del codice di procedura civile, ovvero a fronte di una condotta non collaborativa del debitore o dell’inosservanza, spesso anche lieve, degli obblighi di conservazione e custodia dell’immobile pignorato.

2.- Con ordinanza del 18 gennaio 2021 (reg. ord. n. 51 del 2021), il Giudice delle esecuzioni immobiliari presso il Tribunale ordinario di Rovigo ha sollevato – in riferimento agli artt. 3, 24, 41, 42, terzo comma, 47, 111 e 117, primo comma, Cost. – quest’ultimo in relazione agli artt. 6 CEDU e 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007 – questioni di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 4, comma 1, del d.l. n. 137 del 2020, come convertito, e 13, comma 14, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, laddove hanno esteso il termine di efficacia dell’art. 54-ter del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, rispettivamente, al 31 dicembre 2020 e al 30 giugno 2021.

Il giudice rimettente premette, in punto di fatto e di rilevanza, che nell’ambito di una procedura esecutiva immobiliare incardinata nell’anno 2019, il creditore procedente aveva chiesto, all’udienza del 15 gennaio 2021, l’autorizzazione alla vendita del cespite pignorato. Tale bene, tuttavia, costituiva, secondo quanto riscontrato dal custode, abitazione principale del debitore, sicché, a seguito della proroga dell’efficacia, ad opera dell’art. 13, comma 14, del d.l. n. 183 del 2020, sino al 30 giugno 2021, dell’art. 54-ter del d.l. n. 18 del 2020, che sospende in tutto il territorio nazionale ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore, le operazioni di vendita non avrebbero potuto essere autorizzate prima di tale data.

Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo dubita, innanzi tutto, della compatibilità delle norme censurate con gli evocati parametri, poiché la libertà di iniziativa economica privata potrebbe essere compromessa dall’incidenza negativa che la proroga dell’efficacia dell’art. 54-ter del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, ha sulle prospettive di recupero giudiziale del credito, senza che sussistano ragioni giustificative di tale previsione. Secondo il Giudice delle esecuzioni immobiliari presso il Tribunale di Rovigo la ratio normativa non potrebbe infatti ravvisarsi nell’esigenza, determinata dall’emergenza COVID-19, di tutelare la parte colpita dalla crisi economica, in quanto le procedure sospese, a partire dalla data del 30 aprile 2020, riguardano debitori inadempienti prima di tale momento.

Né lo scopo della disposizione potrebbe essere quello di garantire la salute pubblica, e ciò sia in quanto, ove così fosse, non sarebbe giustificata una sospensione delle sole procedure immobiliari aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore sia, più in generale, per la possibilità di fronteggiare in ogni caso le relative esigenze con misure di protezione e distanziamento sociale. Rileva il giudice a quo che, dunque, l’unico scopo delle previsioni censurate, estraneo all’emergenza epidemiologica, sarebbe la tutela delle esigenze abitative dei soggetti ritenuti economicamente più deboli. I relativi obiettivi, peraltro, come affermato più volte dalla stessa giurisprudenza costituzionale, dovrebbero essere perseguiti dal legislatore mediante politiche strutturali di sostegno del diritto all’abitazione, senza “scaricare” tale onere sui cittadini.

Il giudice a quo assume, inoltre, un possibile contrasto delle disposizioni censurate con l’art. 42, terzo comma, Cost., poiché la prevista sospensione impedisce al creditore di diventare proprietario del bene oggetto della procedura esecutiva mediante la proposizione dell’istanza di assegnazione. La violazione risiederebbe nella circostanza che tale impedimento al creditore di acquisire la proprietà del cespite pignorato dovrebbe ritenersi equivalente ad un’espropriazione che, per quanto evidenziato rispetto agli altri parametri, non sarebbe fondata su un interesse pubblico preminente e sarebbe comunque priva di ogni forma di indennizzo.

Il giudice rimettente dubita, altresì, della compatibilità delle norme che hanno prorogato l’efficacia dell’art. 54-ter del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, con l’art. 47 Cost., atteso che le difficoltà nel recupero dei crediti determinate dalla sospensione in questione finiscono con il riverberarsi sulle condizioni di accesso della generalità dei cittadini al credito bancario, rendendole più rigorose.

Il giudice a quo assume, infine, che le norme censurate potrebbero porsi in contrasto con il combinato disposto degli artt. 24, 111 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6, paragrafo 1, CEDU, in quanto le stesse comportano una limitazione del diritto di azione del creditore non giustificata né dalla crisi economica né dall’esigenza di tutela della salute, bensì finalizzata a una “indiscriminata politica di favore” del diritto di determinati soggetti all’abitazione.

Tale diritto, tuttavia, come affermato ripetutamente da questa Corte, non potrebbe essere realizzato mediante una sospensione sine die delle procedure esecutive ma, piuttosto, anche nell’ottica della solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost., attraverso interventi di sostegno in favore dei soggetti che versino in particolari condizioni di disagio economico.

2.1.- Con atto depositato in data 17 maggio 2021, è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, eccependo in via preliminare, con riguardo alla censura dell’art. 4, comma 1, del d.l. n. 137 del 2020, come convertito, il difetto di rilevanza, per essere cessata l’efficacia di tale norma in data 31 dicembre 2020, anteriore al deposito dell’ordinanza di rimessione. Con riferimento all’art. 13, comma 14, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, la difesa dello Stato ha dedotto la non fondatezza delle questioni, in virtù di argomentazioni analoghe a quelle spiegate nel giudizio relativo all’ordinanza iscritta al r. o. n. 40 del 2021.

2.2.- Con atto depositato in data 18 maggio 2021, è intervenuto in giudizio ad opponendum C. L., in qualità di debitore esecutato in una procedura pendente dinanzi al Tribunale ordinario di Firenze ed avente ad oggetto la sua abitazione, assumendo di essere direttamente interessato alla decisione dell’incidente di legittimità costituzionale su una norma che, allo stato, ha sospeso detta procedura nei suoi confronti. Nel merito, C. L. ha dedotto la non fondatezza delle questioni sollevate dal Giudice delle esecuzioni immobiliari presso il Tribunale di Rovigo rispetto a tutti i parametri, pur evidenziando che sarebbe stato opportuno da parte del legislatore riconoscere «un indennizzo ai proprietari».

Con memoria pervenuta a mezzo posta certificata (PEC) il 18 maggio, lo stesso C. L. ha ribadito la sussistenza delle condizioni legittimanti il suo intervento, sottolineando nuovamente la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.- Con ordinanza del 13 gennaio 2021 (r. o. n. 40 del 2021), il Giudice dell’esecuzione immobiliare presso il Tribunale ordinario di Barcellona Pozzo di Gotto ha sollevato – in riferimento agli artt. 3, secondo comma, 24, primo comma, 47, secondo comma, 111, primo comma e 117, primo comma, della Costituzione – quest’ultimo in relazione agli artt. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, firmato a Parigi il 20 marzo 1952 – questioni di legittimità costituzionale dell’art. 54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), introdotto dall’Allegato alla legge di conversione 24 aprile 2020, n. 27 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Proroga dei termini per l’adozione di decreti legislativi), modificato e prorogato nel termine di efficacia al 31 dicembre 2020 dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19), convertito, con modificazioni, in legge 18 dicembre 2020, n. 176, e ulteriormente prorogato nel termine d’efficacia al 30 giugno 2021 dall’art. 13, comma 14, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, recante «Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dall’Unione europea», convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2021, n. 21.

Premesso che la norma censurata comporta la sospensione delle procedure esecutive immobiliari aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore, il rimettente dubita, innanzitutto, della compatibilità della stessa con l’art. 24, primo comma, Cost. in quanto comprimerebbe, senza alcuna ragione giustificativa, il diritto del creditore di soddisfarsi in sede esecutiva.

Secondo la prospettazione del giudice a quo, inoltre, la disposizione potrebbe porsi in contrasto con gli artt. 3, secondo comma, e 47, secondo comma, Cost., atteso che il legislatore non avrebbe ponderato adeguatamente né i contrapposti interessi delle parti del processo esecutivo, né l’incidenza negativa che una progressiva stabilizzazione della misura di sospensione potrebbe avere sui tassi di interesse dei mutui, per la crescente incertezza dei creditori «istituzionali» sulle possibilità di recupero coattivo delle somme erogate.

Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto dubita, altresì, della compatibilità della predetta previsione con l’art. 111, secondo comma, Cost., in virtù dell’incidenza negativa della sospensione della procedura esecutiva sulla sua ragionevole durata.

Il rimettente assume, infine, che il medesimo art. 54-ter del d.l. n. 18 del 2020, come convertito e prorogato, potrebbe porsi in contrasto anche con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione tanto all’art. 6, paragrafo 1, CEDU, atteso che la tutela esecutiva è componente fondamentale del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, quanto all’art. 1, primo comma, Prot. addiz. CEDU, che tutela anche i diritti di credito.

2.- Con ordinanza del 18 gennaio 2021, il Giudice delle esecuzioni immobiliari presso il Tribunale ordinario di Rovigo ha sollevato – con riferimento agli artt. 3, 24, 41, 42, terzo comma, 47, 111 e 117, primo comma, Cost. – quest’ultimo in relazione agli artt. 6 CEDU e 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007 – questioni di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 4, comma 1, del d.l. n. 137 del 2020, come convertito, e 13, comma 14, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, laddove, come visto, hanno esteso il termine di efficacia dell’art. 54-ter del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, rispettivamente, al 31 dicembre 2020 e al 30 giugno 2021.

Il giudice rimettente dubita, in primo luogo, della compatibilità delle norme censurate con gli evocati parametri, poiché la libertà di iniziativa economica privata potrebbe essere compromessa dall’incidenza negativa che la proroga dell’efficacia dell’art. 54-ter del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, ha sulle prospettive di recupero giudiziale del credito, senza che sussistano ragioni giustificative di tale previsione diverse dalla tutela delle esigenze abitative dei soggetti ritenuti economicamente più deboli, scopo estraneo all’emergenza epidemiologica e che dovrebbe essere perseguito dal legislatore mediante politiche strutturali di sostegno del diritto all’abitazione.

Il Giudice delle esecuzioni immobiliari presso il Tribunale di Rovigo assume, inoltre, un contrasto delle disposizioni censurate con l’art. 42, terzo comma, Cost., poiché la prevista sospensione impedisce al creditore di diventare proprietario del bene oggetto della procedura esecutiva mediante la presentazione di un’istanza di assegnazione e finisce con il costituire una “misura ablativa reale” non giustificata da un interesse pubblico preminente e priva di ogni forma di indennizzo.

Il giudice rimettente dubita, altresì, della compatibilità delle norme che hanno prorogato l’efficacia dell’art. 54-ter del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, con l’art. 47 Cost., per le difficoltà determinate nel recupero dei crediti dalla sospensione in questione, difficoltà che finiscono con il riverberarsi sulle condizioni di accesso della generalità dei cittadini al credito bancario, rendendole più rigorose.

Il giudice a quo rileva, infine, che le norme censurate potrebbero porsi in contrasto anche con il combinato disposto degli artt. 24, 111 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6, paragrafo 1, CEDU, in quanto le stesse comportano una limitazione del diritto di azione del creditore finalizzata a una «indiscriminata politica di favore» del diritto di determinati soggetti all’abitazione. Tale diritto, tuttavia, come affermato ripetutamente da questa Corte, non potrebbe essere realizzato mediante una sospensione sine die delle procedure esecutive ma, piuttosto, anche nell’ottica della solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost., attraverso interventi di sostegno in favore dei soggetti che versano in particolari condizioni di disagio economico.

3.- Le questioni sollevate dalle due ordinanze di rimessione in massima parte si sovrappongono sia per le disposizioni censurate, sia per i parametri evocati, e sono pertanto oggettivamente connesse.

I relativi giudizi devono quindi essere riuniti e definiti con un’unica decisione.

4.- In data 18 maggio 2021, C. L., in qualità di debitore esecutato in una procedura esecutiva pendente sulla propria abitazione principale dinanzi al Tribunale ordinario di Firenze, è intervenuto nel procedimento iscritto al r. o. n. 51 del 2021, per contrastare la fondatezza delle questioni sollevate dal Giudice delle esecuzioni immobiliari presso il Tribunale di Rovigo.

L’intervento è inammissibile.

L’art. 4, comma 7, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale stabilisce che «[n]ei giudizi in via incidentale possono intervenire i titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto dedotto in giudizio».

L’intervento è, quindi, ammissibile solo ove l’incidenza sulla posizione soggettiva dell’interveniente sia conseguenza immediata e diretta dell’effetto che la pronuncia di questa Corte determina sul rapporto sostanziale oggetto del giudizio a quo (ex multis, sentenze n. 46 del 2021 e n. 98 del 2019).

Nella specie, C. L. non è titolare di una situazione giuridica soggettiva suscettibile di tale incisione ma è titolare di un rapporto sostanziale, peraltro dedotto in un procedimento diverso da quello pendente innanzi al rimettente, semplicemente regolato dalla norma oggetto di censura.

5.- Va preliminarmente precisato il thema decidendum dei presenti giudizi.

L’ordinanza del Giudice delle esecuzioni immobiliari presso il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto censura l’art. 54-ter del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, successivamente prorogato nel termine di efficacia al 31 dicembre 2020, dall’art. 4, comma 1, del d.l. n. 137 del 2020 (come convertito nella legge n. 176 del 2020), e quindi fino al 30 giugno 2021, dall’art. 13, comma 14, del d.l. n. 183 del 2020 (ancora in corso di conversione al momento della proposizione delle questioni e poi convertito nella legge n. 21 del 2021).

L’ordinanza del Giudice delle esecuzioni immobiliari presso il Tribunale di Rovigo censura, a sua volta, gli artt. 4, comma 1, del d.l. n. 137 del 2020 e 13, comma 14, del d.l. n. 183 del 2020, laddove hanno prorogato l’efficacia dell’art. 54-ter del d.l. n. 18 del 2020, come convertito.

Poiché entrambe le ordinanze sono state pronunciate nel gennaio dell’anno 2021 a fronte di istanze depositate nello stesso mese, la norma indubbiata, anche tenendo conto di quanto si evince dal tenore delle censure formulate, va identificata più specificamente nell’art. 13, comma 14, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, che ha disposto la (seconda) proroga della sospensione delle procedure esecutive immobiliari aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore esecutato dal 1° gennaio al 30 giugno 2021.

L’esame delle questioni di legittimità costituzionale – pur in un contesto normativo più ampio (di cui si viene ora a dire) – deve quindi essere, in realtà, circoscritto alla predetta disposizione.

6.- È opportuno premettere una sintetica ricostruzione del quadro normativo di riferimento, nel quale si colloca la disposizione censurata.

6.1.- Su un piano generale, la disciplina degli istituti processuali speciali che hanno trovato applicazione durante la fase iniziale dell’emergenza pandemica, nei giudizi civili come in quelli penali, è stata dettata dall’art. 83 del d.l. n. 18 del 2020, come convertito.

La più importante misura adottata durante tale prima fase dal legislatore, per evitare la presenza di più persone nello stesso luogo fisico, è stata il rinvio generalizzato delle udienze, dapprima dal 9 marzo al 15 aprile 2020 (art. 83, comma 1, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito) e, quindi sino all’11 maggio 2020, ai sensi dell’art. 36, comma 1, del d.l. 8 aprile 2020 n. 23 (Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali), convertito, con modificazioni, nella legge 5 giugno 2020, n. 40. È stato dunque previsto un generalizzato rinvio ex lege delle udienze, con alcune puntuali e tipizzate eccezioni.

L’art. 83, comma 2, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, aveva inoltre sancito la sospensione, per il medesimo periodo indicato, del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto nei procedimenti civili e penali.

Nel periodo successivo, ricompreso tra l’11 maggio e il 30 giugno 2020, è stato affidato ai capi degli uffici giudiziari il compito di adottare le misure organizzative, anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, ritenute più idonee ad affrontare i rischi derivanti dal contagio, contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria ed evitare assembramenti all’interno dell’ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra le persone.

Successivamente l’art. 221 del d.l. 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, ha introdotto una serie di disposizioni volte alla ripresa delle attività processuali, pur con modalità compatibili con il permanere dell’emergenza epidemiologica, prevedendo, ad esempio, nel settore civile, la possibilità di svolgere l’udienza “cartolare” e quella telematica.

6.2.- Nel descritto contesto normativo, non è stata introdotta una disciplina specifica per le procedure esecutive, che sono state regolate dalle richiamate norme, pur con i dovuti adattamenti, resi necessari dai peculiari adempimenti, implicanti non di rado contatti ravvicinati tra persone, che caratterizzano le relative attività, soprattutto nelle espropriazioni immobiliari.

Tali adattamenti sono stati realizzati sovente mediante l’esercizio da parte dei giudici dell’esecuzione dei poteri direttivi di cui all’art. 484 cod. proc. civ., che, non di rado e specie nei confronti degli ausiliari, si è concretizzato nella emanazione di direttive operative di carattere generale.

Sotto l’egida delle disposizioni dettate dall’art. 83 del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, nella prima fase dell’emergenza pandemica, nelle procedure esecutive vi è dunque stato un sostanziale arresto delle attività non urgenti.

Anche nella seconda fase, ossia quella ricompresa tra l’11 maggio e il 30 giugno 2020, l’esame delle circolari degli uffici giudiziari mostra che nelle procedure esecutive sono state svolte le sole attività urgenti e di norma sono state differite le vendite forzate; ciò anche in ragione della sospensione generalizzata delle attività nel periodo precedente che non aveva consentito di porre in essere, entro i termini previsti dall’art. 490 cod. proc. civ., i necessari adempimenti pubblicitari.

Nello stesso periodo, in considerazione di alcune divergenze interpretative che si rinvenivano nelle indicazioni fornite dagli uffici giudiziari, il Consiglio superiore della magistratura, con la delibera plenaria adottata in data 4 giugno 2020 («L’organizzazione del settore delle procedure esecutive e concorsuali nella “fase 2” dell’emergenza COVID-19») – nel rimarcare la peculiarità del settore delle esecuzioni civili in quanto indubbiamente nevralgico per la funzionalità del sistema sotto il profilo della circolazione delle risorse economiche – ha sottolineato l’opportunità che, nel secondo periodo dell’emergenza, si adottassero le misure organizzative necessarie a far sì che fossero immesse nel circuito economico le somme liquide già realizzate e venisse, al contempo, garantita un’efficace ripresa dell’attività liquidatoria, ove consentito dalla normativa, con modalità che tutelassero in ogni caso gli interessi convergenti del debitore e dei creditori al corretto realizzo dei valori dei beni, ad esempio mediante l’adozione di modalità di vendite telematiche pure, sincrone o asincrone, anche per le procedure per le quali si era inizialmente previsto diversamente.

Dopo il 30 giugno 2020, vi è stata una ripresa delle attività giudiziarie anche nelle procedure esecutive, sia pure nel rispetto delle generali prescrizioni normative sul distanziamento sociale e sulla mobilità delle persone.

6.3.- In questo generale quadro legislativo deve essere collocato l’art. 54-ter del d.l. n. 18 del 2020, che ha stabilito che, «[a]l fine di contenere gli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, in tutto il territorio nazionale è sospesa, per la durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all’articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore».

Tale previsione è stata introdotta, in sede di conversione del predetto decreto dall’Allegato della legge n. 27 del 2020, nell’ambito della prima fase della legislazione emergenziale sui processi, anche civili ed esecutivi, dovuta al diffondersi della pandemia da Covid-19.

L’art. 54-ter si è caratterizzato, sin dall’inizio, rispetto alle disposizioni dettate dall’art. 83 dello stesso d.l. n. 18 del 2020 per il processo civile, per aver contemplato una sospensione generalizzata delle attività di alcune procedure esecutive immobiliari (quelle aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore) e non solo dei termini per il compimento degli atti processuali.

La durata della misura prevista era stata originariamente fissata dalla richiamata norma in sei mesi e quindi l’applicazione della stessa avrebbe dovuto cessare dopo il 30 ottobre 2020. L’efficacia della disposizione – il cui contenuto è rimasto immutato – è stata prorogata, dapprima fino al 31 dicembre 2020, ad opera dell’art. 4 del d.l. n. 137 del 2020, come convertito, e quindi fino al 30 giugno 2021, dall’art. 13, comma 14, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, quest’ultimo oggetto di esame nell’odierno giudizio di legittimità costituzionale.

Il presupposto della sospensione della procedura esecutiva, ovvero la circostanza che il bene pignorato costituisca l’abitazione principale del debitore – ossia il luogo dove dimora abitualmente, coincidente in genere con la residenza anagrafica, e non necessariamente, a dispetto della rubrica dello stesso art. 54-ter, con la «prima casa» – è indicato dalla legge, e quindi il giudice dell’esecuzione per adottare il provvedimento in questione deve, senza alcun potere discrezionale, limitarsi a verificarne la ricorrenza.

6.4.- Ai fini di una più completa ricostruzione del quadro normativo di riferimento, occorre anche considerare che, sin dall’inizio del periodo emergenziale, è stata introdotta anche un’altra disposizione, che ha sospeso alcune procedure esecutive in forma specifica per rilascio di beni immobili, anche in questa ipotesi individuate in relazione al loro oggetto.

In particolare, l’art. 103, comma 6, dello stesso d.l. n. 18 del 2020, come convertito, aveva originariamente previsto che l’«esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è sospesa fino al 1° settembre 2020».

Nella vigenza di tale formulazione della norma, il suo ambito di applicazione era stato ampiamente dibattuto in dottrina come nelle circolari applicative degli uffici giudiziari, specie con riguardo alla possibilità di ricomprendervi anche i provvedimenti di rilascio contenuti nei decreti di trasferimento e gli ordini di liberazione emanati nelle procedure esecutive immobiliari.

Con l’art. 17-bis del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, rubricato «Proroga della sospensione dell’esecuzione degli sfratti di immobili ad uso abitativo e non abitativo», è stato previsto che, «[a]l comma 6 dell’articolo 103 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, le parole: “1° settembre 2020” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2020″».

Tale novella, limitando in rubrica la proroga alla sospensione dell’esecuzione degli sfratti, ha mostrato di condividere l’opzione interpretativa più restrittiva circa la portata della disposizione, nel senso, in particolare, di escludere i titoli per il rilascio degli immobili pignorati pronunciati, come il decreto di trasferimento, nel corso dell’esecuzione forzata.

Tuttavia la norma sulla sospensione di cui all’art. 103, comma 6, del d.l. n. 18 del 2020, è stata nuovamente modificata dall’art. 13, comma 13, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, secondo cui la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, prevista dall’art. 103, comma 6, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, è prorogata sino al 30 giugno 2021, limitatamente ai provvedimenti di rilascio adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze nonché a quelli conseguenti all’adozione, ai sensi dell’art. 586, secondo comma, cod. proc. civ., del decreto di trasferimento di immobili pignorati ed abitati dal debitore e dai suoi familiari.

7.- Tutto ciò premesso, sono fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, Cost., con assorbimento delle altre.

8.- Questa Corte ha ripetutamente affermato che la garanzia – riconosciuta dall’art. 24, primo comma, Cost. – di poter agire in giudizio per la tutela dei propri diritti comprende anche l’esecuzione forzata, che è diretta a rendere effettiva l’attuazione del provvedimento del giudice (sentenza n. 522 del 2002).

La tutela in sede esecutiva, infatti, è componente essenziale del diritto di accesso al giudice: l’azione esecutiva rappresenta uno strumento indispensabile per l’effettività della tutela giurisdizionale perché consente al creditore di soddisfare la propria pretesa in mancanza di adempimento spontaneo da parte del debitore (ex plurimis, sentenze n. 225 del 2018, n. 198 del 2010, n. 335 del 2004, n. 522 del 2002 e n. 321 del 1998; ordinanza n. 331 del 2001).

La fase di esecuzione coattiva delle decisioni di giustizia, proprio in quanto componente intrinseca ed essenziale della funzione giurisdizionale, deve ritenersi costituzionalmente necessaria (sentenza n. 419 del 1995), stante che «il principio di effettività della tutela giurisdizionale […] rappresenta un connotato rilevante di ogni modello processuale» (sentenze n. 225 del 2018 e n. 304 del 2011).

È certo riservata alla discrezionalità del legislatore la conformazione degli istituti processuali, con il limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà della disciplina (ex plurimis, sentenze n. 44 del 2016, n. 10 del 2013 e n. 221 del 2008); ma tale limite è valicato «ogniqualvolta emerga un’ingiustificabile compressione del diritto di agire» (sentenza n. 225 del 2018; negli stessi termini, tra le tante, sentenze n. 87 del 2021, n. 271 del 2019, n. 44 del 2016 e n. 335 del 2004).

La sospensione delle procedure esecutive deve costituire, pertanto, un evento eccezionale: «un intervento legislativo – che di fatto svuoti di contenuto i titoli esecutivi giudiziali conseguiti nei confronti di un soggetto debitore – può ritenersi giustificato da particolari esigenze transitorie qualora […] siffatto svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale» (sentenza n. 186 del 2013).

È ben vero che il legislatore ordinario – in presenza di altri diritti meritevoli di tutela, come quello fondamentale all’abitazione – può procrastinare la soddisfazione del diritto del creditore alla tutela giurisdizionale anche in sede esecutiva.

Deve però sussistere un ragionevole bilanciamento tra i valori costituzionali in conflitto, da valutarsi considerando la proporzionalità dei mezzi scelti in relazione alle esigenze obiettive da soddisfare e alle finalità perseguite (ex plurimis, sentenze n. 212 del 2020, n. 71 del 2015, n. 17 del 2011, n. 229 e n. 50 del 2010, n. 221 del 2008 e n. 1130 del 1988).

Nella fattispecie in esame, in particolare, viene in rilievo il diritto all’abitazione, che costituisce «diritto sociale» (sentenze n. 106 del 2018 e n. 559 del 1989) e «rientra fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione» (sentenza n. 44 del 2020). Esso, benché non espressamente menzionato, deve ritenersi incluso nel catalogo dei diritti inviolabili (sentenze n. 161 del 2013, n. 61 del 2011 e n. 404 del 1988) e il suo oggetto – l’abitazione – deve considerarsi «bene di primaria importanza» (sentenze n. 79 del 2020 e n. 166 del 2018).

Anche nell’ipotesi in cui sia in discussione il diritto all’abitazione del debitore esecutato, la sospensione delle procedure esecutive può tuttavia essere contemplata dal legislatore solo a fronte di circostanze eccezionali e per un periodo di tempo limitato, e non già con una serie di proroghe, che superino un ragionevole limite di tollerabilità (ex multis, sentenze n. 155 del 2004 e n. 310 del 2003).

9.- Pertanto, le sollevate questioni di legittimità costituzionale richiedono essenzialmente di verificare la ragionevolezza e proporzionalità del bilanciamento sotteso alla proroga della sospensione delle esecuzioni aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore esecutato.

Il dovere di solidarietà sociale, nella sua dimensione orizzontale, può anche portare, in circostanze particolari, al temporaneo sacrificio di alcuni – i creditori procedenti in executivis – a beneficio di altri maggiormente esposti, selezionati inizialmente sulla base di un criterio a maglie larghe: tutti i debitori esecutati che dimoravano nell’abitazione principale posseduta a titolo di proprietà o altro diritto reale.

10.- Nel periodo dell’emergenza pandemica, che ha visto l’arresto di fatto di numerose attività economiche e la conseguente difficoltà di ampi strati della popolazione, il legislatore ha voluto evitare che tanto l’esecuzione del rilascio degli immobili quanto le procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale potessero costituire causa di aggravamento delle difficoltà economiche e fonte di preoccupazioni ulteriori per i debitori esecutati, ove esposti al rischio di perdere la disponibilità dell’abitazione principale.

Questa misura emergenziale, introdotta dall’art. 54-ter del d.l. n. 18 del 2020, è rimasta inalterata nelle successive proroghe, la seconda delle quali è oggetto delle ordinanze di rimessione, sicché il periodo complessivo di tale sospensione è divenuto di quattordici mesi, di cui l’ultimo semestre è ascrivibile alla disposizione censurata.

In particolare, la sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale – sospensione che, anche se non preclude al creditore di pignorare tale immobile, determina un generale arresto temporaneo delle attività della procedura esecutiva – ha inizialmente riguardato il periodo a partire dal 30 aprile 2020.

La prima proroga (di cui all’art. 4 del d.l. n. 137 del 2020) ha esteso tale sospensione fino al 31 dicembre 2020, oltre a prevedere l’inefficacia di ogni procedura esecutiva a partire dal 25 ottobre 2020 (aspetto quest’ultimo che qui non viene in rilievo). La seconda proroga (ai sensi dell’art. 13, comma 14, del d.l. n. 183 del 2020) – la cui ragionevolezza (art. 3, primo comma, Cost.) e proporzionalità rispetto al diritto alla tutela giurisdizionale anche nella fase esecutiva (art. 24, primo e secondo comma, Cost.) è oggetto delle censure in esame – ha ulteriormente differito tale termine al 30 giugno 2021.

Ciò che qui soprattutto rileva è che, in occasione delle due proroghe, il bilanciamento (tra il diritto del creditore procedente alla tutela giurisdizionale nella forma esecutiva e l’eccezionale protezione, giustificata dall’emergenza pandemica, del debitore esecutato per conservargli la disponibilità della sua abitazione principale) sotteso alla misura in esame è rimasto invariato nei termini inizialmente valutati dal legislatore, che ha introdotto il blocco di tali esecuzioni.

11.- Per tutto il tempo di vigenza della misura, la condizione necessaria e sufficiente dell’arresto temporaneo del procedimento esecutivo è consistita – e consiste tuttora – nella sola circostanza, che il giudice dell’esecuzione è tenuto a verificare, che il suo oggetto sia l’abitazione principale del debitore esecutato.

La disciplina in esame – che null’altro richiede – non fornisce una definizione di «abitazione principale», la quale però può rinvenirsi nella normativa tributaria e segnatamente nell’art. 10, comma 3-bis, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), in tema di oneri deducibili dal reddito complessivo; disposizione, questa, che prevede che, «[p]er abitazione principale si intende quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente».

La sospensione investe tutti gli atti della procedura e quindi anche l’emanazione del decreto di trasferimento del bene espropriato contenente l’ordine di rilascio ai sensi dell’art. 586, secondo comma, cod. proc. civ.

Si ha, però, che parallelamente l’art. 103, comma 6, dello stesso d.l. n. 18 del 2020 ha previsto che «[l]’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è sospesa fino al 1° settembre 2020», data poi differita al 31 dicembre 2020 dall’art. 17-bis, comma 1, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito. L’inclusione nel raggio applicativo di tale disposizione anche dell’ordine di rilascio contenuto nel decreto di trasferimento del bene espropriato è testualmente prevista dall’art. 13, comma 13, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, che ulteriormente proroga la sospensione dell’esecuzione di alcuni provvedimenti di rilascio degli immobili.

Quindi, da ultimo, la norma censurata finisce con l’assicurare un plus di protezione al debitore esecutato, quando oggetto della procedura è la sua abitazione principale; una protezione ulteriore che copre tutti gli atti della procedura esecutiva e che si aggiunge, sovrapponendosi, a quella più specifica, concernente la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili anche ad uso non abitativo, prevista da un’altra disposizione.

12.- Sempre tenendo presente il profilo diacronico di questa normativa emergenziale, c’è poi da considerare che vi sono, in parallelo a queste misure così focalizzate (quelle di cui rispettivamente agli artt. 54-ter e 103 del d.l. n. 18 del 2020 e rispettive proroghe), altre e ben più generali previsioni normative, che – come si è già sopra ricordato – hanno riguardato tutti i giudizi civili, compresi quelli di esecuzione, per i quali vi è stata una graduale evoluzione della disciplina, tanto che può parlarsi di almeno tre distinte fasi.

Inizialmente il legislatore ha previsto il rinvio d’ufficio delle udienze di tutti i procedimenti civili (oltre che penali) con sospensione del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto fino al 15 aprile 2020, data poi estesa fino al successivo 11 maggio (art. 83, commi 1 e 2, dello stesso d.l. n. 18 del 2020).

In questa prima fase l’emergenza pandemica ha giustificato un temporaneo blocco pressoché totale dell’attività giudiziaria, che quindi si è sovrapposto alla sospensione sia delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore (art. 54-ter), sia dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili in genere (art. 103, comma 6).

Ma la situazione emergenziale si è evoluta e opportunamente il legislatore ha previsto – quanto al settore della giustizia – misure più mirate che, sempre finalizzate a contenere il rischio di contagio secondo un criterio di precauzione, assicurassero in parallelo la ripresa dell’attività giudiziaria.

Si è transitati così alla seconda fase, connotata dall’assegnazione ai capi degli uffici giudiziari della facoltà di adottare misure organizzative, comprensive della adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze, nonché del loro possibile rinvio a data successiva al 30 giugno 2020 nei procedimenti civili e penali, peraltro con alcune eccezioni tipizzate.

A ciò ha fatto seguito una terza fase (dapprima fino al 31 ottobre 2020), introdotta dall’art. 221 del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, che ha dettato una serie di prescrizioni e cautele per la generale ripresa, quali l’obbligatorietà del deposito degli atti introduttivi con modalità telematiche, la cosiddetta cartolarizzazione dell’udienza e la possibilità che l’udienza civile si svolga mediante collegamenti audiovisivi a distanza.

L’art. 1, comma 3, lettere a) e b), numero 7), del decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125, recante «Misure urgenti connesse con la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, per il differimento di consultazioni elettorali per l’anno 2020 e per la continuità operativa del sistema di allerta COVID, nonché per l’attuazione della direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020, e disposizioni urgenti in materia di riscossione esattoriale», convertito, con modificazioni, nella legge 27 novembre 2020, n. 159, ha poi prorogato questa disciplina fino al 31 dicembre 2020.

Un ulteriore adattamento degli istituti processuali si è avuto con l’art. 23 del d.l. n. 137 del 2020, come convertito, con la previsione, in particolare, dell’udienza a porte chiuse e della cosiddetta camera di consiglio telematica.

13.- A questo progressivo adattamento delle misure emergenziali dettate per i giudizi civili, comprensivi delle procedure esecutive, non è rimasta estranea neppure la prevista sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, che – come già notato – è fattispecie distinta rispetto alla sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale.

L’art. 13, comma 13, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, ha ulteriormente prorogato la sospensione fino al 30 giugno 2021, limitatamente ai provvedimenti di rilascio adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze, oltre che – come si è già rilevato – ai provvedimenti di rilascio contenuti nei decreti di trasferimento di immobili pignorati ed abitati dal debitore e dai suoi familiari.

Più recentemente l’art. 40-quater del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41 (Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 21 maggio 2021, n. 69, ha stabilito che la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è prorogata: a) fino al 30 settembre 2021 per quelli adottati dal 28 febbraio 2020 al 30 settembre 2020; b) fino al 31 dicembre 2021 per quelli adottati dal 1° ottobre 2020 al 30 giugno 2021.

14.- Orbene, a fronte di questa disciplina processuale affinatasi progressivamente – sia quella generale della giustizia civile comprensiva delle procedure esecutive, sia quella molto specifica del rilascio coattivo degli immobili – la prevista sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale è invece rimasta invariata nei suoi presupposti fino alla seconda proroga, oggetto delle censure in esame.

È mancato cioè un aggiustamento dell’iniziale bilanciamento sia quanto alla possibile selezione degli atti della procedura esecutiva da sospendere, sia soprattutto quanto alla perimetrazione dei beneficiari del blocco.

L’individuazione di questi ultimi in termini ampi – perché fatta con riferimento alla mera circostanza che il debitore esecutato dimorasse nell’abitazione principale e che questa fosse assoggettata ad esecuzione forzata – poteva giustificarsi inizialmente per rendere più agevole, rapida e immediatamente efficace la misura di protezione. Ma in prosieguo di tempo sono emerse l’irragionevolezza e la sproporzione di un bilanciamento calibrato su tutti, indistintamente, i debitori esecutati.

Il protrarsi del sacrificio richiesto ai creditori procedenti in executivis, che di per sé non costituiscono una categoria privilegiata e immune dai danni causati dall’emergenza epidemiologica, avrebbe dovuto essere dimensionato rispetto alle reali esigenze di protezione dei debitori esecutati, con l’indicazione di adeguati criteri selettivi quali previsti, tra gli altri, in materia di riscossione esattoriale (art. 76, comma 1, lettera a, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, recante «Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito»).

Invece, nella proroga della sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale, di cui alla disposizione censurata, nessun criterio selettivo è stato previsto a giustificazione dell’ulteriore protrarsi della paralisi dell’azione esecutiva.

Il legislatore, cioè, ha prorogato una misura generalizzata e di extrema ratio, quale quella della sospensione delle predette espropriazioni immobiliari, mentre avrebbe dovuto specificare i presupposti soggettivi e oggettivi della misura, anche eventualmente demandando al vaglio dello stesso giudice dell’esecuzione il contemperamento in concreto degli interessi in gioco.

La sproporzione conseguente al mancato aggiustamento del bilanciamento sotteso alla misura in esame è resa ancor più evidente dalla considerazione che il diritto del debitore a conservare la disponibilità dell’abitazione è stato comunque tutelato dalla già ricordata proroga della sospensione dei provvedimenti di rilascio di immobili di cui all’art. 103, comma 6, del medesimo d.l. n. 18 del 2020, nella formulazione modificata dall’art. 13, comma 3, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, applicabile anche al decreto di trasferimento del bene espropriato.

15.- In conclusione, il bilanciamento sotteso alla temporanea sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale è divenuto, nel tempo, irragionevole e sproporzionato, inficiando la tenuta costituzionale della seconda proroga (dal 1° gennaio al 30 giugno 2021), prevista dell’art. 13, comma 14, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito; disposizione, questa, che va quindi dichiarata illegittima per violazione degli artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, Cost., con assorbimento di tutti gli altri parametri.

Resta ferma in capo al legislatore, ove l’evolversi dell’emergenza epidemiologica lo richieda, la possibilità di adottare le misure più idonee per realizzare un diverso bilanciamento, ragionevole e proporzionato, contemperando il diritto all’abitazione del debitore esecutato e la tutela giurisdizionale in executivis dei creditori procedenti.

P.Q.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

1) dichiara inammissibile l’intervento di C. L. nel giudizio incidentale relativo alle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale ordinario di Rovigo, con l’ordinanza indicata in epigrafe;

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 14, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, recante «Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dall’Unione europea», convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2021, n. 21.

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