DECORO ARCHITETTONICO: SE LA VIOLAZIONE CONTESTATA NON E’ LA PRIMA?
Se un condòmino esegue un’opera che modifica l’estetica dell’edificio, tale modificazione può essere considerata alterativa del decoro architettonico. Un punto questo che frequentemente innesca liti condominiali.
Se un condomino altera il decoro è tenuto al risarcimento del danno e alla rimozione dell’opera che l’ha causata.
Nel nostro ordinamento non esiste un definizione legislativa di decoro architettonico. La Cassazione lo ha definito come “l’insieme delle linee armoniche, sia pur estremamente semplici, che caratterizzano l’estetica di un edificio” (si veda ad es. Cass. n. 851/07). Come è facile desumere “l’estetica” implica una soggettività di giudizio in merito all’alterazione.
Ma cosa succede se l’alterazione contestata non è la prima in ordine di tempo? Se nel Condominio vi sono stati altre modifiche precedenti l’ultima in concreto contestata va valutata autonomamente o il contesto già oggetto di modifiche precedenti assume rilievo?
Per bilanciare la labilità di percezioni di tipo soggettivo occorre individuare dei parametri di tipo oggettivo al fine di agganciare la valutazione ad elementi certi. La Corte di cassazione ha specificato sul punto che “…l’apprezzabilità dell’alterazione del decoro deve tradursi in un pregiudizio economico che comporti un deprezzamento sia dell’intero fabbricato che delle singole porzioni in esso comprese, per cui, sotto tale profilo è necessario tener conto dello stato estetico del fabbricato al momento in cui l’innovazione viene posta in essere…” (Cass. n. 1286/2010).
L’elemento oggettivo si traduce insomma nella prova che tale peggioramento sia economicamente apprezzabile.
Chiarito questo la sentenza Cass. 1286/10 merita attenzione per il fatto che la valutazione dell’alterazione contestata deve avvenire tenendo conto dello stato estetico del fabbricato al momento attuale e quindi tenendo conto delle alterazioni perpetrate anche in precedenza.
Come ha detto più volte la Corte di Cassazione, ad esempio anche nel maggio del 2017 «il giudice trovandosi a valutare se sussista lesione del decoro architettonico di un fabbricato condominiale, a cagione di un intervento operato dal singolo condomino sulla struttura, deve tenere anche conto delle condizioni nelle quali versava l’edificio prima del contestato intervento, potendo anche giungersi a ritenere che l’ulteriore innovazione non abbia procurato un incremento lesivo, ove lo stabile fosse stato decisamente menomato dai precedenti lavori» (Cass. 8 maggio 2017 n. 11177).
Nel caso di multiple violazioni, salvo esistenza di un incremento lesivo portato dall’ultima modifica, l’azione va portata contro tutti i condòmini che abbiamo apportato modificazioni alterativa del decoro.
L’azione per la rimozione di opere lesive del decoro dell’edificio può essere iniziata in ambito condominiale (dall’amministratore d’ufficio o su input dell’assemblea), ovvero da ciascun condòmino e va obbligatoriamente preceduta da un tentativo di conciliazione obbligatorio ex art. 71 quater disp. Att.cc.
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