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I figli del defunto concorrono insieme al coniuge superstite nella successione secondo la disciplina dettata dall'art. 581 c.c., che prevede che l'eredità venga suddivisa per metà al nuovo coniuge e per metà all'unico figlio o, rispettivamente, nella misura di 1/3 e di 2/3 in presenza di più figli, da ripartire in parti uguali tra gli stessi indipendentemente dal fatto che si tratti di figli di primo o di secondo letto.
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Al nuovo coniuge, anche quando concorra con altri chiamati all'eredità, è riconosciuto ex art. 540 c.c. il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare di proprietà del de cuius o comune e il diritto di uso sui mobili che la corredano, gravante sulla quota disponibile; se insufficiente, sulla quota di riserva del coniuge per il residuo e, eventualmente, sulla quota riservata ai figli. Al primo coniuge divorziato spetta unicamente l'eventuale diritto agli alimenti a carico dell'eredità fino a che non cessi il suo stato di bisogno e non passi a nuove nozze.
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I figli acquisiti
Nell’ipotesi in cui nella famiglia vi siano, oltre ai figli del de cuius, anche figli del coniuge superstite nati da un precedente matrimonio, come accade in caso di genitori entrambi già vedovi o divorziati che contraggano tra loro nuovo matrimonio, questi ultimi non hanno titolo per accedere alla successione legittima. In altre parole, in assenza di testamento, i figli chiamati all’eredità sono soltanto i figli del genitore defunto non anche i figli del coniuge dello stesso, con i quali sussiste un rapporto giuridico di semplice affinità, privo di rilevanza in ambito successorio. All’infuori di specifiche disposizioni testamentarie con cui il defunto intenda beneficiare i figli cd. acquisti, pertanto, agli stessi nulla può pervenire per via ereditaria, neppure in assenza di altri parenti in vita.
Le eventuali disposizioni testamentarie in favore dei figli acquisiti, in ogni caso, devono rispettare la legittima spettante ai figli del de cuius (avuti in comune con il coniuge superstite o da precedente matrimonio) e/o al coniuge dello stesso, di talché il patrimonio ereditario viene così ripartito ai sensi degli artt. 536 e ss. c.c.:
- in presenza di un solo figlio del de cuius, senza coniuge superstite: 1/2 al figlio come quota di legittima e 1/2 come quota disponibile che può essere attribuita ai figli acquisiti; - in presenza di più figli senza coniuge: 2/3 ai figli come quota di legittima e 1/3 come quota disponibile; - in presenza di più figli e coniuge: 2/4 ai figli come quota di legittima, 1/4 al coniuge come quota di legittima e 1/4 come quota disponibile; - in presenza di un solo figlio e coniuge: 1/3 ciascuno a figlio e coniuge come quota di legittima e 1/3 come quota disponibile; - in presenza del solo coniuge: 1/2 al coniuge come quota di legittima e 1/2 come quota disponibile.
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La sorte delle donazioni effettuate prima delle seconde nozze
Se il de cuius aveva effettuato in vita donazioni ai figli di primo letto prima di convolare a nuove nozze o al precedente coniuge, il coniuge superstite e i figli comuni lesi nella legittima possono agire in riduzione nei confronti dei donatari. Secondo quanto precisato dalla giurisprudenza, infatti, “come il figlio sopravvenuto può chiedere la riduzione di tutte le donazioni compiute in vita dal padre, anche di quelle compiute prima della sua nascita in favore della madre o di un altro coniuge ormai non più tale; allo stesso modo il coniuge sopravvenuto rispetto ai figli può chiedere la riduzione di tutte le donazioni compiute dal de cuius in favore dei figli, anche di quelle precedenti il matrimonio poste in favore dei figli nati da altro coniuge o nati fuori dal matrimonio” (Cass. n. 4445/2016).
Nonostante il nuovo coniuge acquisti la qualità di legittimario solo a seguito del matrimonio, pertanto, la sua posizione deve essere equiparata a quella dei figli, con la conseguenza che la riunione fittizia della massa ereditaria deve essere effettuata tenendo conto di tutte le donazioni poste in essere dal de cuius in favore dei figli, senza alcuna distinzione tra quelle avvenute prima o dopo le seconde nozze. Si tratta di un principio consolidato in materia successoria che deriva dall’assenza di limiti temporali positivi alla collazione e dalla considerazione che la lesione di legittima si verifica soltanto con la morte del de cuius, non potendosi far riferimento neppure alla situazione venutasi a creare per il mancato esperimento dell’azione di riduzione da parte di alcuno dei legittimari (cfr. Cass. SS. UU. n. 13524/2006).
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