Sempre più spesso accade che il proprietario o il conduttore di un’unità abitativa posta all’interno di un condominio decida di predisporla a Bed & breakfast.
Una simile iniziativa, priva di autorizzazione dell’assemblea condominiale, è da ritenersi legittima?
La giurisprudenza di merito ha affrontato la questione relativa alla possibilità di esercitare un’attività di Bed & breakfast all’interno di un condominio, qualora il regolamento condominiale vieti di destinare le singole unità abitative ad attività alberghiera o pensionistica. Sul punto, particolarmente rilevante è la sentenza n. 18303 del 17.09.2015 del Tribunale di Roma, il quale ha ritenuto ammissibile lo svolgimento in condominio dell’attività di Bed & breakfast sulla base della sua differenza strutturale rispetto ad alberghi e pensioni, costituendo l’attività di bed & breakfast “un servizio extralberghiero di tipo saltuario, esercitato nel luogo di residenza del gestore e soggetto a limiti di apertura e di capienza della struttura ricettiva”. Il Tribunale, aderendo al principio in base al quale le limitazioni all’uso delle singole proprietà immobiliari previste dal regolamento condominiale devono risultare in modo “non equivoco” e non possono essere interpretate in via analogica o estensiva, ha sottolineato la natura lecita dell’attività di Bed & breakfast nel condominio.
Successivamente, con sentenza n. 4419 del 03.03.2016, il Tribunale di Roma ha precisato che soltanto il regolamento condominiale può inibire l’apertura di un Bed & breakfast all’interno dello stabile condominiale, e non l’assemblea. La volontà proibitiva dei condomini non può, quindi, essere dedotta con interpretazione analogica, non potendo il divieto dei condomini essere esteso con interpretazione del regolamento di condominio.
Sulla questione si è pronunciata persino la Corte di Cassazione, la quale, con sentenza n. 21024 del 18 ottobre 2016, ha affrontato la questione relativa all’ammissibilità delle clausole del regolamento condominiale che limitano la destinazione delle unità immobiliari e la facoltà dei singoli condòmini di avviare un’attività di Bed & breakfast. La Suprema Corte ha chiarito che le clausole limitative dell’uso delle unità immobiliari in condominio incidono non sull’estensione, ma sull’esercizio del diritto di ciascun condomino e, pertanto, devono essere ricondotte alla categoria delle servitù atipiche. Inoltre, simili clausole limitative, per essere opponibili ai singoli proprietari, devono essere specificamente trascritte, con loro specifica indicazione nella nota di trascrizione, non essendo sufficiente il generico rinvio al regolamento di condominio.
Per completezza espositiva, si segnala soltanto un orientamento che si pone parzialmente in contrasto a quello appena esaminato in materia, favorevole all’avviamento dei Bed & breakfast in condominio, il quale è rappresentato dalla sentenza n. 109 del 7 gennaio 2016 della Corte di Cassazione. Nel caso di specie, la Suprema Corte ha confermato il divieto di adibire le unità abitative ad attività di Bed & breakfast, sul presupposto che “ontologicamente l’attività di affittacamere è del tutto sovrapponibile – in contrapposto all’uso abitativo – a quella alberghiera e, pure a quella di bed and breakfast”, dal momento che nel regolamento di condominio veniva espressamente contemplato il divieto di destinare le unità abitative “ad uso di qualsivoglia industria o di pubblici uffici, di alloggio, come pure di concedere in affitto camere vuote od ammobiliate o di farne un uso contrario al decoro, alla tranquillità, alla decenza ovvero al buon nome del fabbricato”.
Ciò precisato, alla luce delle interpretazioni giurisprudenziali di cui si è fatto cenno, può concludersi che la valutazione della liceità dell’attività di Bed & breakfast all’interno di uno stabile condominiale può e deve essere effettuata con riguardo al singolo caso concreto, analizzando in via preliminare il tenore letterale del regolamento di condominio. Resta ferma, però, la necessità che la predetta attività venga esercitata nel rispetto delle regole di comune convivenza civile, senza arrecare alcun pregiudizio agli altri condomini ed in ossequio con le norme di sicurezza e gli obblighi amministrativi in capo al titolare dell’attività.
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